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STORIE DI PINTA E ILLBRUCK

by Technical Sailing

“Pinta”, o se preferite le barche del vero e proprio armatore seriale tedesco Willi Illbruck, industriale tedesco che dal nulla dell’immediato dopoguerra costruì un impero, con fabbriche anche in USA, di ‘componenti speciali’, in plastica, e non, per gli interni degli abitacoli.

Follemente appassionato di vela agonistica, soleva partecipare all’Admiral acquistando di seconda mano il meglio dello yachting racing americano tanto che uno dei primi “Pinta” non era che la saetta di Dennis Conner, il “Williwaw” con cui questi vinse tanti SORC. Dopo esser stato deluso dalle prestazioni di questo “Pinta”, Illbruck puntò le carte su un allora semi sconosciuto progettista che tutti ritengono tedesco, ma in realtà di origini olandesi: il giovane Rolf Vrolijk ed al suo socio, vero esperto delle stazze, Judel, il progetto di un 43’ frazionato pesantemente, a ¾, cosa inaudita per allora visto che anche il prestigioso studio americano S&S aveva miseramente fallito con il loro frazionato di grande taglio.

Per la costruzione della barca non si affidò ad un cantiere, ma venne realizzata con a capo il suo marinaio, Fritz Heinemann, e con una équipe variegata di esperti di composito. Sì, perché la barca non era una novità in quanto fatta in composito, ma lo era sicuramente perché fatta in nomex, un nido d’ape in aramidico.

In realtà le barche erano due: “Pinta” e “Container”, quest’ultima di un altro armatore tedesco seriale, Udo Schutz, che anche recentemente ha armato Tp 52’ e stp 65’.

Il bello è che le due barche costruite in parallelo dalla stessa squadra non furono battezzate sino alla loro completezza col classico lancio di monetina. Questo perché la costruzione trovava luogo in un capannone dell’azienda di Schutz, buffamente in piena Foresta Nera germanica, e quindi per non favorire il padrone di casa si optò per questa soluzione.

Inutile dire che con cura maniacale i tedeschi fecero una falsa prua e una falsa poppa e tirarono con martinetti idraulici ambedue fino a romperle per vedere se davvero questo benedetto nomex reggesse con quanto sostenevano i produttori dello stesso!

“Pinta” si selezionò per la squadra dell’Admiral dopo, sempre assieme a “Container”, un lungo inverno passato in Olanda, al cantiere Huisman (lo stesso che fece il “Seilan” di Leopoldo Pirelli) ove dal lunedì al venerdì si lavorava alle modifiche e il fine settimana si era sottoposti ad un annoiante trasferta quando freddissima per uno dei canali navigabili che portavano dal cantiere ad una grande laguna salata ove si passava il fine settimana a fare match race tra le due barche.

Presentatosi a Cowes, il “Pinta”, fece arricciare il naso agli inglesi non con tutti i torti: la barca non era certo un campione di bellezza, ma una azzeccatissima combinazione di rating e di velocità pura, con l’enorme determinazione di Willi che non lesinava soldi a palate (casa a Cowes destinata solo ogni due anni all’equipaggio!) tanto da far venir in quattro e quattr’otto una randa in kevlar dal loft North australiano solo perché lì ci lavorava John Bertrand mattatore di Coppa America.

Illbruck portò “Pinta” e la squadra tedesca a stravincere l’Admiral con un divario di punti sulla seconda squadra classificata (l’italiana con il “Brava” grande a far da purosangue!) che ebbe dell’incredibile.

Da lì seguirono altri Pinta, tanti altri, compresa una campagna vincente per il Giro del Mondo.

Triste pensare che un uomo come Willi Illbruck finì i suoi giorni relegato in custodia in una stanza a causa di una gravissima malattia invalidante, lui che era sopravvissuto alla campagna di Russia…Lo ricordiamo con affetto.

D.F.

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